Nell’articolo di ieri abbiamo parlato dell’iconico Tiffany Blue, il colore che ricorre ogni qualvolta Tiffany si esprime.
Non poteva quindi fare eccezione la decorazione del ristorante Blue Box Café ospitato al quarto piano del flagship store di Tiffany, al 727 della Fifth Avenue di New York.
Nella scena iniziale del film Colazione da Tiffany, Audrey Hepburn nei panni di Holly Golightly in abito da sera nero, perle e occhiali da sole gustava croissant e caffè guardando le vetrine di Tiffany.
Se capitate a New York potete emularla stando però comodamente seduti ad uno dei tavoli del Blue Box Café.
Il design del ristorante, che gode di una bella vista su Central Park, è il primo grande progetto di Reed Krakoff, il direttore artistico della Maison.
Nello spazio, il colore marchio di fabbrica del prestigioso brand veste i divanetti in pelle, le poltroncine intorno ai tavoli e i piatti in porcellana.
Le pareti sono in parte decorate in Tiffany Blue e in parte rivestite di lastre di pietra amazzonite che si potrebbe descrivere come la versione naturale della nuance.
Al posto dei quadri, lo spazio è decorato con delle vetrine in miniatura dove sono esposti gli oggetti del desiderio firmati Tiffany.
Il menu, che cambia a seconda delle stagioni, include delle proposte culinarie tutte in tema con la location:
ad esempio la “Fifth Avenue Salad” con aragosta e avocado e il sandwich C.L.T. che sono le iniziali del nome di “Charles Lewis Tiffany” ma anche degli ingredienti del’insalata: Chicken, Lettuce and Tomato.
Ma il pezzo forte è una piccola torta dedicata alle occasioni speciali che è fatta come una scatola Tiffany rivestita di glassa blu lucida e completata da un grande fiocco bianco.
Il Blue Box Café è una full immersion nell’universo Tiffany:
fare colazione qui è un po’ come essere dentro a una delle esclusive scatole che contengono gli oggetti del desiderio Tiffany.
Viaggio a New York : colazione da Tiffany nel Blue Box Café
Finalmente i temi ambientali legati al rispetto della natura e all’utilizzo consapevole delle risorse sembrano entrare nella mentalità comune.
Probabilmente molte persone cominciano a rendersi conto della gravità della situazione e delle conseguenze dei nostri comportamenti sulle future generazioni.
Una dimostrazione che ciò sta accadendo è il crescente interesse delle aziende di tutti i settori verso questi temi.
Alle aziende che per prime hanno cavalcato questi temi nelle loro campagne promozionali ora devono adeguarsi anche le altre, e questo è un buon indicatore dell’evoluzione in corso nell’opinione pubblica.
In questo modo si crea un circolo virtuoso che accresce la sensibilità dell’opinione pubblica.
Nel campo dell’architettura e del design i temi ambientali sono da tempo uno stimolo all’adozione di nuovi modi di progettare e costruire e allo sviluppo di nuovi materiali.
A proposito di nuovi materiali, qui ne presentiamo uno.
Si tratta di Plasticiet, un materiale prodotto con gli scarti della plastica che è stato sviluppato dai due product designer Marten Middel e Joost Dingemans di Rotterdam.
Il materiale ha un aspetto che può ricordare la pietra e viene prodotto utilizzando un mix di tecniche industriali e artigianali.
Plasticiet è declinato in alcune varianti cromatiche e può essere usato nell’interior design e nella realizzazione di mobili.
Questo nuovo materiale fa sì che gli scarti della plastica non vengano buttati via nei rifiuti ma vengano utilizzati per un tempo più lungo.
Nuovi materiali per il design di interni che hanno a cuore l’ambiente
In nome del lavoro di team e della condivisione, gli uffici suddivisi in stanze stanno diventando sempre più rari.
Il concetto di open space ebbe origine negli anni ’50.
Inizialmente adottato dalle grandi multinazionali, in seguito si è diffuso sempre di più anche nelle aziende medio-piccole.
E’ vero che entrambe le alternative hanno vantaggi e svantaggi, ma numerosi studi dimostrano che i grandi spazi di lavoro condivisi riducono la qualità del lavoro.
Il più grande plus dell’open space è senz’altro il contatto più vicino fra capo e dipendenti che, diminuendo la distanza psicologica, favorisce il lavoro di team, rafforza lo spirito di gruppo e stimola ognuno a svolgere al meglio la propria funzione.
Di contro nei grandi ambienti aperti la privacy è limitata e chi lavora è costretto ad una socializzazione forzata che è spesso difficile da gestire.
Il rumore continuo, le voci e le telefonate, il passaggio delle persone, le condizioni termiche e di illuminazione non sempre ideali per tutti non giovano certo al benessere e alla concentrazione.
Per quanto riguarda il rumore, alcuni studi provano che le conversazioni dei colleghi sono uno dei fattori principali di irritazione.
In particolare più che il volume delle voci, ciò che infastidisce è il contenuto semantico delle conversazioni che inevitabilmente distrae chi non è coinvolto nello scambio.
Ciò crea difficoltà di concentrazione, stanchezza precoce, irritabilità e scontentezza con un conseguente calo del rendimento e una diminuzione della qualità del lavoro.
Nonostante tutte queste considerazioni, per massimizzare l’utilizzo degli spazi e ridurre quindi i costi, le aziende adottano sempre più la soluzione open space anche quando il tipo di lavoro e la funzione svolta non richiederebbe necessariamente il lavoro in team.
Peccato che non venga considerato che il vantaggio economico viene compromesso da un calo di produttività dovuto proprio alle condizioni ambientali.
E non ultimo, che un ambiente di lavoro non ideale incide pesantemente sulla soddisfazione di chi lavora.
Per limitare i problemi negli uffici condivisi, l’open space deve essere progettato tenendo conto di molti fattori che vanno ben al di là degli aspetti estetici.
Ad esempio, le singole postazioni devono avere determinate dimensioni e devono essere rese disponibili delle zone tranquille e silenziose separate dallo spazio condiviso in cui le persone possano ricaricarsi.
Per quanto riguarda il miglioramento del comfort acustico, un’ottima soluzione è posizionare dei pannelli fonoassorbenti nell’ambiente.
A seconda delle caratteristiche specifiche dello spazio, si potranno utilizzare pannelli fonoassorbenti a soffitto, a parete e come divisori fra le scrivanie.
Questi ultimi potranno anche avere la funzione di aumentare la privacy delle postazioni.
Le immagini mostrate in questo articolo si riferiscono al progetto realizzato da Paul Crofts Studio per la sede londinese dell’agenzia pubblicitaria Fold 7.
In questo progetto sono state adottate tutte le misure per migliorare le condizioni dell’ambiente lavorativo.
Ufficio open space o ufficio suddiviso in stanze ?