A settembre, durante l’ultima edizione del London design festival, lo studio londinese Kellenberger-White ha creato Alphabet, una installazione che trasforma i caratteri grafici in arredamento.
In Finsbury Avenue Square, nello spazio all’aperto del complesso di Broadgate, sono state esposte 26 sedute colorate realizzate con lastre di metallo piegato.
La forma di ogni seduta riproduceva una delle lettere dell’alfabeto.
Le persone che passavano nella piazza potevano interagire con l’installazione muovendo le sedie per comporre delle parole e scattare fotografie.
Ogni sedia era contraddistinta da un colore diverso selezionato da un’azienda specializzata nella produzione di vernici.
C’era ad esempio l’International Orange, il colore usato per il ponte Golden Gate di San Francisco.
Oppure il Cornflower Blue, la tinta del ponte Middlesbrough’s Transporter che attraversa il fiume Tees in Inghilterra.
L’installazione Alphabet si ispira alle opere di László Moholy-Nagy, Marianne Brandt e Wilhelm Wagenfeld, tutti esponenti del Bauhaus.
Un’altro spunto arriva dalle foto delle pose fotografate dall’artista scozzese Bruce McLean nel 1970.
Come anche dalle immagini che accompagnavano l’articolo di Bruno Munari “Alla ricerca della comodità in una poltrona scomoda”.
In quell’articolo pubblicato nel 1944 dalla rivista Domus, Munari con una buona dose di ironia lanciava una provocazione al mondo del design.
Un’altra ispirazione viene dal disegno dello sgabello Ulm Stool creato da Max Bill e Hans Gugelot nel 1955.
Kellenberger–White è uno studio multidisciplinare che sviluppa linguaggi visivi che coinvolgono con l’interazione e il gioco.
Lo studio si occupa di brand identity, pubblicazioni, mostre e sviluppo di piattaforme digitali attraverso collaborazioni con artisti, architetti, designer, programmatori, illustratori e fotografi.
Dopo gli studi al Royal College of Art, Eva Kellenberger e Sebastian White fondatori dello studio ha collaborato con musei, organizzazioni culturali e aziende.
Fra le varie specializzazioni di Kellenberger-White, c’è anche il disegno di tipografia su misura.
London design festival : l’alfabeto in 26 sedute
Nei giorni dell’ultima edizione del London Design Festival è stata organizzata “Re-Considering Canon”, una esposizione di progetti curiosi che sfidano i canoni del design contemporaneo.
Fra i nove partecipanti rappresentati dalla Gallery FUMI, c’era anche lo studio di Londra Glithero di Tim Simpson e Sarah van Gameren.
Il duo ha presentato “Domino light”, una lampada che si accende grazie alla dinamica del gioco del domino.
La lampada è costituita da un set di tasselli in rame e da una struttura realizzata con il materiale HI-MACS® Dark Night resistente e isolante sulla quale è montata una lampadina.
Alla base della Domino light è presente un domino “rocker” che dà l’avvio al movimento dei tasselli.
Al termine è stato invece posizionato un domino “ricevitore”.
Nella struttura è inoltre previsto uno spazio che contiene tutti i tasselli non utilizzati.
Per accendere la lampada, occorre far cadere i tasselli in rame che sono stati precedentemente disposti in una configurazione qualsiasi.
Toccandosi, i tasselli chiudono il circuito elettrico facendo così accendere la lampadina sulla sommità della struttura.
Il gioco del domino richiede una certa abilità: se il giocatore è stato bravo, la luce si accende sulla struttura che non a caso ha una forma che ricorda un trofeo.
I designer di Glithero commentano così la loro geniale e divertente “invenzione”:
“Avevamo deciso di focalizzarci sul momento in cui la luce si accende, rendendolo meno istantaneo per creare un naturale link, quasi un’intimità tra il fruitore e l’oggetto.
In questo modo inoltre è anche più evidente e tangibile il rapporto tra materiali ed elettricità”.
Domino light : chi è bravo nel gioco del domino accende la luce
La carta è un materiale straordinario con cui si possono creare delle cose meravigliose.
Utilizzando le diverse tecniche e le tante tipologie di carta si possono realizzare collage, illustrazioni pop-up, origami, abiti e lampade.
In questo articolo mostriamo le foto delle installazioni di carta dell’artista Helen Musselwhite di Manchester.
La sua ultima creazione è l’installazione esposta nella vetrina del negozio londinese del té T2 in occasione dell’ultima edizione del London Design Festival.
L’installazione composta da oggetti e frutti tutti di carta si ispira a quattro tipi di té del brand australiano.
Nell’installazione gli ingredienti delle diverse varietà di té sono accostati agli oggetti che si utilizzano per preparare e servire il té in varie parti del mondo:
la pentola per il chai, la ciotola per il matcha e le tipiche teiere giapponese e inglese.
I colori vivaci che caratterizzano il catalogo dei prodotti T2 sono ripresi nell’installazione, realizzata con la carta prodotta dal brand GF Smith.
In precedenza, Helen Musselwhite ha realizzato molte altre installazioni di carta come ad esempio quella della campagna pubblicitaria del Thoughtful Coffee per Leon Restaurants.
Oppure la serie di 12 illustrazioni con i segni zodiacali per il magazine svizzero Annabella.
La passione di Helen Musselwhite per i colori e per la carta inizia da piccola e continua poi con gli studi di grafica e illustrazione.
Dopo aver realizzato mobili decorativi, quadri e gioielli l’artista si è definitivamente dedicata a creare con la carta con la quale ha scoperto di avere una particolare affinità.
I soggetti dei suoi lavori si ispirano spesso alla campagna che esplora durante le passeggiate in compagnia del suo cane.
Illustrazioni di carta colorata di Helen Musselwhite
L’installazione 1.625 m / s2 del designer Hiroto Yoshizoe si ispira alla luna.
Il satellite che orbita intorno alla terra, ritenuto fin dall’antichità capace di influenzare la natura e l’uomo, ha sempre avuto un fascino particolare.
Come la luna che non risplende di luce propria ma la riceve dal sole, anche la scultura aerea di Hiroto Yoshizoe non è luminosa ma illuminata.
Infatti gli elementi sospesi alle sottili bacchette ricevono la luce da una fonte luminosa posta nei pressi dell’installazione.
Nella scultura illuminata di Hiroto Yoshizoe, ogni elemento ruota secondo una propria orbita:
quando la luce ne colpisce la parte bianca, l’oggetto riflette e diventa visibile, quando invece ad essere colpita è la parte nera, l’oggetto scompare alla vista.
A seconda della posizione delle forme, le riflessioni cambiano costantemente creando un effetto molto suggestivo che assomiglia ad un sistema stellare.
Posizionata vicino a una finestra o a una lampada, la scultura eterea di Hiroto Yoshizoe diventa un oggetto decorativo animato.
L’alternativo “apparecchio di illuminazione” esplora il processo di visualizzazione della luce attraverso l’osservazione della relazione fra luce e ombre.
L’installazione 1.625 m / s2 è stata esposta al Salone Satellite, la sezione del Salone del Mobile di Milano dedicata ai talenti emergenti.
1.625 m/s2 ( moon, sun ) from IN/AWT on Vimeo.
Hiroto Yoshizoe ha studiato alla Musashino Art University. Attualmente a Tokyo si dedica all’art direction e al design nella realizzazione di spazi commerciali.
Nei suoi progetti, il designer esplora i concetti di “tempo”, “movimento” e “cambiamento”.
La scultura “illuminata” di Hiroto Yoshizoe
Nei giorni del Fuorisalone di Milano, Flos ha presentato nel suo showroom di corso Monforte 15 l’installazione luminosa “Jewels after Jewels after Jewels”.
Protagonista dell’installazione è stato il nuovo sistema di chandelier Arrangements progettata dal designer Michael Anastassiades.
Come se fossero gli elementi preziosi di collane e orecchini, il designer londinese di origine cipriota ha utilizzato i moduli geometrici del sistema per creare delle grandi sculture luminose pendenti.
Michael Anastassiades spiega così com’è nata l’idea dell’allestimento:
“Sono sempre stato affascinato dal parallelismo che esiste tra gli oggetti di luce e i gioielli. Partendo dal semplice fatto che entrambi sono legati alla sfera umana: disegnati per essere indossati gli uni, per decorare gli spazi abitati gli altri. La mia sfida è capire come la natura delicata di qualcosa di piccolo possa essere traslata nello spazio e mantenere la sua preziosità grazie al modo in cui i materiali vengono presentati. Non è un caso che il termine ‘pendant’ in inglese abbia un doppio significato. Si usa sia per definire un gioiello o pendente di una collana, che per una luce disegnata per essere appesa al soffitto.”
Le ampie vetrine dello showroom Flos presentavano un assaggio del concept sviluppato all’interno con geometrie miniaturizzate combinate a formare il nome del brand.
I visitatori potevano comporre il proprio chandelier grazie al configuratore su tablet “Make your Arrangements” reso disponibile sul sito di Flos.
Il sistema modulare Arrangements è costituito da elementi geometrici luminosi a LED che, combinati fra loro, formano composizioni di chandelier singole, multiple e anche interconnesse.
Grazie ad un componente tecnico innovativo che consente il passaggio della corrente elettrica lungo tutto il sistema, gli elementi vengono interconnessi elettricamente e meccanicamente.
L’effetto finale è quello di una grande catena luminosa dove i vari moduli si inanellano fra di loro mantenendo un perfetto equilibrio.
La composizione può essere modificata senza l’intervento dei tecnici cambiando semplicemente l’ordine, il numero e le forme degli elementi.
L’alimentatore, il sistema di regolazione della posizione e dell’orientamento della lampada e l’elettronica in grado di gestire quattro diversi tipi di dimmerazione sono tutti inclusi nei rosoni, disponibili in due dimensioni.
Installazione Flos Jewels after Jewels after Jewels
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