I gioielli dell’artista americana Sandra Enterline hanno qualcosa di misterioso. Sono moderni e antichi allo stesso tempo e potrebbero evocare reperti del passato come anche relitti metallici provenienti da ingranaggi di macchine industriali. Le sue creazioni sono generalmente realizzate con metalli preziosi come ad esempio l’argento ossidato ai quali in qualche caso si aggiungono pietre preziose e componenti in acciaio. Le forme inizialmente per lo più sferiche sono diventate via via più allungate e complesse, assumendo sembianze organiche. Prima che sia plasmata la forma dell’oggetto, la solida materia della lamina metallica viene mossa da una fitta texture di minuscoli fori. Questi ultimi, alleggerendo il peso sia visivo che reale dell’oggetto, vanno a creare una sorta di rete che rende mutevole l’aspetto del gioiello a seconda della luce. Alcuni gioielli a prima vista potrebbero sembrare non finiti ma una volta indossati interagiscono con il corpo umano e assumono un senso perfettamente compiuto. Sandra Enterline racconta che il suo lavoro procede in modo intuitivo e fluido, in uno stato simile all’ipnosi. Una ricerca istintiva che porta l’artista attraverso continue sperimentazioni: ad esempio nei suoi gusci metallici Sandra Enterline ha anche racchiuso elementi naturali estremamente delicati come uova di quaglia, insetti e fragili conchiglie.
Dietro ai gioielli di Kiff Slemmons c’è un’antica storia legata alla tradizione pre-colombiana di produrre la carta utilizzando le fibre naturali delle piante che crescono nel sud America. L’artista ha incontrato la cultura messicana e sperimentato le potenzialità di questi materiali naturali lavorando per dieci anni insieme agli artigiani del centro Arte Papel nella città di Oaxaca. Tagliando, piegando e assemblando diverse tipologie di carta Kiff ha realizzato delle collezioni di gioielli delicati e poetici che, pur ispirandosi ad una antica cultura, assumono forme e linguaggi molto moderni. Le collezioni di Kiff Slemmons sono state esposte in numerose gallerie d’arte internazionali e prestigiosi musei come il Metropolitan Museum e il Museum of Arts and Design di New York e il Victoria and Albert Museum di Londra.
Il punto di partenza del lavoro di Lydia Hirte sono delle semplici strisce piatte di cartone che vengono poi modellate e curvate manualmente sperimentando i limiti di resistenza del materiale. Questa tecnica permette di ottenere dei volumi resistenti senza utilizzare colle, rinforzi o punti di metallo. La forma del gioiello viene creata istintivamente senza definirne prima il disegno. Le forme organiche dalle linee fluide e dai colori sfumati dei gioielli di Lydia Hirte sono eleganti e molto affascinanti e il risultato ricorda la complessità delicata dei fiori delle orchidee.
Durante le giornate del Salone del Mobile di Milano (8/13 aprile), nello showroom De Padova sarà esposta la collezione di gioielli “Jewellery for the curious” dell’architetto greco Bela Louloudaki. Un po’ come nel gioco del Lego, tutti i pezzi della collezione hanno origine da un unico elemento che viene assemblato in diverse configurazioni geometriche e cromatiche: un tubettino di ceramica. Ognuno è rivestito da uno strato di colore oppure è immerso nell’oro, dopo un preventivo bagno di rame e argento. Tutti le fasi della lavorazione sono artigianali, quindi ogni pezzo risulta leggermente diverso dagli altri.
I gioielli di Jo Hayes-Ward hanno una doppia lettura: da una certa distanza se ne percepisce la forma scultorea, poi avvicinandosi si colgono la miriade di elementi di cui i gioielli sono composti, piccoli volumi squadrati che ricordano i pixel delle immagini video. In effetti i gioielli di Jo hanno qualcosa a che fare con il mondo virtuale in quanto la tecnica utilizzata per progettarli è quella del rapid prototying, una specie di stampa 3D. La realizzazione invece segue strade più tradizionali.