Oggi parliamo di due lampade del brand Pallucco, una da muro e l’altra sia da terra che da tavolo.
La geometria, ingrediente fondamentale nel design di entrambe, viene utilizzata per creare due prodotti focalizzati su due valori diversi.
La prima lampada, quella da muro, si chiama Totem ed è firmata da Alfredo Chiaramonte e Marco Marin.
I due designer, che hanno una passione per gli oggetti intesi come prodotto industriale, hanno creato una lampada che mette al centro la personalizzazione.
In questo caso dalla produzione industriale che normalmente origina prodotti standardizzati nasce un prodotto che, grazie al contributo dell’utilizzatore, diventa pezzo unico.
Totem è un kit di elementi geometrici tondi e rettangolari di ampiezze e colori diversi posizionabili in infiniti modi su una barra che nasconde la fonte luminosa.
Ognuno può quindi interpretare il prodotto come desidera giocando con le forme primarie e i colori.
Il secondo prodotto si chiama Tangent ed è una lampada da terra o da tavolo orientabile.
Qui i designer Jenkins & Uhnger pongono l’accento sulla funzionalità.
Il design minimalista mette insieme linee rette e cerchio per dare vita ad una lampada funzionale ma anche molto bella da vedere.
Come dice il nome, Tangent è ispirata al principio geometrico della tangente:
la retta tangente a una curva è quella che tocca la curva senza “tagliarla” o “secarla”.
L’estetica scultorea della lampada invita l’utilizzatore a interagire ed esplorare la sua funzione.
La lampada è composta da due elementi principali:
un tubo luminoso che contiene un LED lineare con un dimmer che interagisce con l’anello posizionato sul piedistallo.
Attraverso la combinazione di tensione, attrito ed equilibrio, il raffinato meccanismo permette di orientare la luce dove serve oppure di creare una illuminazione di atmosfera.
Nuove lampade Pallucco : 10 e lode in geometria
Come ogni anno, come succede da ormai ben ventuno anni, Pantone ha annunciato qual è il Pantone Colour of the Year.
Il colore che secondo gli esperti dell’azienda americana specializzata nella classificazione del colore influenzerà il design e la moda nell’anno che sta per iniziare è il Classic Blue che nella classificazione PANTONE ha il codice 19-4052.
Pantone lo descrive come un colore rassicurante, un “blu senza tempo, elegante nella sua semplicità” e Leatrice Eiseman, executive director del Pantone Color Institute, spiega così la scelta:
“Viviamo in un’epoca che richiede fede e fiducia. È questo tipo di costanza e confidenza che esprime il Pantone 19-4052 Classic Blue, una sfumatura di blu solida e affidabile su cui possiamo sempre contare.
Permeato di una profonda risonanza, il Classic Blue offre delle fondamenta sicure.
Un blu sconfinato che evoca la vastità del cielo serale, il Classic Blue ci sprona a guardare oltre l’ovvio e a espandere il nostro pensiero, sfidandoci a pensare più profondamente, aprire la nostra prospettiva e il nostro flusso di comunicazione”.
Per chi si occupa di grafica, arredamento, architettura di interni e fashion design l’annuncio del colore dell’anno di Pantone è diventato una delle tradizioni che segnano la chiusura dell’anno.
Un po’ come succede alla fine dell’anno con l’oroscopo, anche chi non crede più di tanto alle previsioni di Pantone, non resiste alla tentazione di sapere quale colore “ha vinto”.
A parte gli scherzi… la scelta di Pantone del Colour of the Year non è un argomento superficiale e futile come potrebbe sembrare a chi non svolge una professione creativa.
I colori infatti hanno una grande forza nell’influenzare l’essere umano e quindi sono un tema cruciale in tutti i campi dove vengono utilizzate le tecniche di marketing.
Come in tutte le materie complesse – e lo studio dei colori lo è sicuramente – non è per nulla facile fare delle previsioni in tema di tendenze cromatiche.
Non per niente il Colour of the Year di Pantone è frutto del lavoro di un nutrito team di esperti che studia ogni anno l’evoluzione delle tendenze in tanti settori e le inquadra in un contesto sociologico più ampio che guarda ai cambiamenti in corso nella contemporaneità.
Il “Living Coral”, colore scelto da Pantone per il 2019, fu una scelta molto criticata dagli addetti ai lavori.
Al di là della difficoltà di utilizzare quel particolare punto di rosa, la ragione della scelta dichiarata da Pantone l’anno scorso non convinse del tutto.
Ad esempio, l’art director Huei Yin Wong e il copywriter Jack Railton-Woodcock di Melbourne l’hanno duramente criticata definendola “irresponsabile e sorda ai problemi ambientali”.
In risposta al Living Coral scelto l’anno scorso da Pantone, il duo di creativi propone come Color of the Year 2020 il “Pantone 115-1 U Bleached Coral”, il colore quasi bianco che assume il corallo quando è morto.
Una provocazione che vuole mettere l’accento sulla crisi ambientale che ha ucciso più del 45% del corallo della Grande Barriera Corallina negli ultimi tre anni.
Jack + Huei sostengono infatti che un marchio influente come Pantone non si dovrebbe limitarsi a fotografare le scelte cromatiche dei settori creativi ma dovrebbe tentare di influenzarle.
Secondo loro se il colore “Corallo sbiancato” inondasse la grafica, i vestiti e gli interni delle case potrebbe comunicare un forte messaggio di denuncia che forse contribuirebbe a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali.
Personalmente non sono molto d’accordo sulla posizione dei due creativi australiani perché la mission di Pantone in qualità di istituto di ricerca non è influenzare le tendenze ma è piuttosto quella di offrire delle indicazioni agli addetti ai lavori.
E’ di questi ultimi, cioè dei creativi dei vari settori, il “privilegio” e la responsabilità di creare le tendenze.
Magari qualche creativo dirà che il cielo non è più blu perché è inquinato e il mare neanche perché è pieno di plastica.
La plastica però ha mille colori e quindi sarà più difficile proporre come Colour of the Year 2021 un colore univoco in contrapposizione al Classic Blue.
Paragonato al dirompente e vistoso Living Coral, sicuramente il Classic Blue è un colore meno rischioso… un “classico” come dice il nome stesso.
Comunque… la scelta di Pantone di quest’anno mi ha stupito.
Personalmente trovo che il Classic Blue, come del resto alcune altre sfumature del blu siano, più che una tendenza, già un fatto consolidato.
E’ un po’ di tempo infatti che queste tonalità si vedono nei progetti di interior design e sulle pagine dei magazine di moda.
Pantone Colour of the Year 2020
Fra i tantissimi progetti firmati dallo studio di design giapponese Nendo in oltre 15 anni di attività, i due di cui parliamo in questo articolo hanno un tema in comune: gli alberi.
Neyuki è stato sviluppato l’anno scorso per Flanders, un’azienda specializzata nella produzione e vendita di prodotti dolciari.
Flanders ha sede a Kushiro nell’Hokkaido, una regione nel nord del Giappone nota per l’allevamento e la produzione di latte e prodotti caseari.
Il nome e il logo dovevano riflettere i valori del nuovo marchio: l’origine territoriale e l’utilizzo di materie prime prodotte nell’Hokkaido.
Il progetto è stato interpretato con lo stile minimalista che contraddistingue tutti i progetti dello Studio Nendo.
Con un brillante esercizio di sintesi il marchio è stato chiamato semplicemente N , l’iniziale della parola “nord”.
Il nome è breve e quindi molto facile da ricordare e il logo, un triangolo orientato verso il punto cardinale Nord, risulta essere un segno grafico elegante, riconoscibile e di forte impatto.
Lo studio Nendo ha anche progettato il packaging del primo prodotto di N, una cheese cake ricoperta di zucchero a velo.
All’interno di una elegante scatola nera, il prodotto si presenta in un modo particolare, studiato per ribadire ancora una volta i valori della marca legati al territorio.
Aprendo la scatola ci si trova infatti davanti ad un bosco innevato in miniatura che ricorda l’Hokkaido.
Per estrarre e gustare la torta basta afferrare con due dita uno degli alberelli come se fosse uno stecchino da cocktail e mangiare direttamente il bocconcino goloso.
Oltre a sorprendere per la sua delicata bellezza, questa presentazione di prodotto è anche estremamente funzionale dal punto di vista del consumo.
Un’ultima particolarità del progetto:
coprire con lo zucchero a velo la torta richiama il metodo tradizionale del nord del Giappone di conservare la frutta e la verdura nella neve.
A proposito di tradizioni del Giappone, chi non è almeno una volta rimasto incantato davanti alla bellezza di un bonsai?
L’altro progetto di Nendo si ispira proprio a quest’arte antica che riproduce in splendide miniature le forme degli alberi più vecchi e maestosi.
I maestri del bonsai raggiungono il risultato potando sapientemente i rami dei piccoli alberi e curandoli in modo meticoloso.
Data la difficoltà della tecnica, alcuni Bonsai sono venduti a prezzi molto elevati e sono difficili da mantenere se non si hanno le competenze di un professionista.
Per “addomesticare” la tecnica e renderla accessibile anche ai principianti, lo studio Nendo ha creato con la stampa 3D un oggetto che può essere ritagliato con le forbici Bonsai come se fosse una pianta.
Le sette varianti di forma corrispondono ad altrettante specie di alberi adatti per il Bonsai.
Gli alberi dello Studio Nendo
La lampada Maria S.C. chandelier è probabilmente uno dei pezzi più conosciuti fra i prodotti creati da Magda Jurek.
La designer polacca, fondatrice del brand Pani Jurek, crea prodotti originali e multifunzionali che coinvolgono l’utilizzatore attraverso le possibilità di personalizzazione.
La sospensione Maria S.C. chandelier ruota intorno all’utilizzo inedito di un oggetto asettico e molto semplice come la provetta in vetro utilizzata nei laboratori di analisi.
Questo oggetto di uso comune acquisisce valore diventando l’elemento centrale una composizione che rievoca i sontuosi lampadari classici in cristallo di stile Art Decò.
Il processo creativo alla base di questo originale lampadario ha qualcosa in comune con le opere dell’artista Marcel Duchamp, padre dell’arte concettuale che ideò il ready-made.
Nel ready-made l’opera d’arte non è nient’altro che un oggetto già esistente che, liberato della sua funzione d’uso comune, acquisisce valore quando l’artista lo data, gli conferisce un titolo e lo espone in una mostra d’arte.
L’inserimento in questo nuovo contesto cambia la natura dell’oggetto rendendolo protagonista e trasformandolo in un’opera d’arte.
Anche nel caso del lampadario di Magda Jurek, il nome del prodotto è parte integrante del progetto:
Maria S.C. chandelier è un omaggio alla scienziata polacca premio Nobel per la chimica Maria Sklodowska-Curie.
La lampada è formata da strutture circolari che accolgono le provette di vetro e che possono essere facilmente rimosse per poter essere disposte in diverse configurazioni.
L’utilizzatore può personalizzare ulteriormente il lampadario inserendo nelle provette dei fiori, dei rami, dei liquidi, delle polveri o dei piccoli oggetti colorati.
Come nel ready-made, le provette sono prelevate dal contesto asettico del laboratorio di analisi per diventare dei piccoli vasi e assumere nella composizione un valore estetico che prima non avevano.
Magda Jurek si è diplomata in pittura alla Academy of Fine Arts di Varsavia e, parallelamente alla sua professione nel campo del design, è anche artista.
Magda crede nell’importanza di creare prodotti sostenibili ed è convinta, se li si studia per assolvere a più funzioni, sono un’opportunità per limitare gli acquisti e i consumi.
Maria S.C. chandelier : la luce in provetta