Nell’articolo di ieri vi ho parlato del ritorno di Open House a Torino il 9 e 10 giugno.
Fra i 140 spazi grandi, piccoli, privati, pubblici, storici e contemporanei aperti quest’anno ce n’è davvero per tutti i gusti.
Casa Okumé, già presente nell’itinerario di Open House Torino l’anno scorso, è fra le location confermate anche quest’anno grazie al successo ottenuto nella prima edizione dell’evento con un’affluenza di oltre 600 visitatori.
Perché in questo articolo fra le tante location di Open House Torino vi parlo proprio di Casa Okumé?
Perché come interior designer ho firmato il design degli interni di questa abitazione.
Dopo avervi presentato in questo blog tante realizzazioni firmate da altri progettisti, questa mi è sembrata l’occasione giusta per parlarvi di un mio progetto.
Mostrandovi alcune immagini e raccontandovi un assaggio della storia di Casa Okumé, spero di farvi venire voglia di vederla dal vivo se sarete a Torino il week-end del 9 e 10 giugno.
Il progetto architettonico è stato firmato dall’architetto Raimondo Guidacci (qui sotto vedete un’immagine della facciata).
L’edificio era in origine una vecchia falegnameria in disuso in un cortile ben poco interessante.
Ora chi entra nel cortile rimane sorpreso perché trova qualcosa di inaspettato: un’architettura contemporanea inserita in un’oasi verde protetta dal rumore e dai ritmi della città.
L’architettura e il design degli interni sono caratterizzati da continui richiami grazie all’utilizzo di pochi “segni” e materiali che ricorrono ovunque in modo coerente.
Insieme al ferro, il multistrato in Okumé (un legno molto resistente alle intemperie) è molto presente sia all’esterno che all’interno.
Ecco spiegato il nome che ho dato al progetto.
L’ abitazione si sviluppa su due livelli:
il piano terra ospita in un open space il living e la cucina.
In un angolo è stata costruita una “scatola” rivestita in okumé che ho disegnato su misura per contenere il bagno principale.
Sul lato cucina il volume integra gli spazi per gli elettrodomestici e delle mensole che accolgono delle ceramiche bianche.
Una scala metallica bianca porta al primo piano mansardato anch’esso open space.
In fondo si apre la zona notte con lavabo e vasca a vista dove ho ricreato l’atmosfera raccolta e intima delle suites degli hotel di design.
In un piccolo spazio chiuso sono nascosti i servizi igienici.
Avrei ancora molte cose da raccontarvi su Casa Okumé, ma per non togliervi la sorpresa se verrete a visitarla, qui non vi dico altro.
Le visite si svolgeranno ogni 20/30 minuti e ci sarò io ad accogliervi per soddisfare le vostre curiosità.
Non è richiesta prenotazione.
Se non potrete venire a trovarmi e siete interessati a sapere di più del mio progetto, cliccate qui.
Foto: Jana Sebestova photography
Casa Okumé è fra le location di Open House Torino 2018
A Londra lo studio Surman Weston ha trasformato una chiesa metodista vittoriana in un open space dedicato al co-working.
Agli architetti è stato richiesto un progetto in grado di soddisfare un duplice obiettivo:
lo spazio, inizialmente adibito a ufficio co-working, dovrà successivamente poter essere convertito in abitazione.
I progettisti hanno quindi sviluppato un progetto versatile in grado di rispondere contemporaneamente a queste due funzioni.
Sfruttando l’altezza dell’edificio, sono stati inseriti due soppalchi che guardano entrambi sulla zona centrale vuota.
Gli interventi di ristrutturazione si inseriscono nello spazio come se fossero dei grandi arredi.
In questo modo l’impianto architettonico dell’edificio rimane visibile.
Per isolare uno dei soppalchi senza privarlo della luce, è stata inserita una grande vetrata a scacchi colorati che segue l’andamento delle capriate sotto al tetto a due falde.
La vetrata colorata evoca la storia dell’edificio e la precedente destinazione d’uso come luogo di culto.
Il motivo a scacchi che ritorna nei parapetti a tutta altezza di una delle scale che portano ai soppalchi, funziona come elemento di raccordo con la vetrata superiore.
La rampa seghettata che non scende fino a terra rende il blocco scala visivamente leggero.
La scala gemella ha invece una struttura più tradizionale.
Per illuminare ulteriormente lo spazio le murature, i pannelli acustici a soffitto e le capriate in legno originali, dopo essere state sabbiate, sono stati tutti decorati di bianco.
La pavimentazione in rovere con finitura a olio contribuisce a rendere l’atmosfera rilassante e accogliente.
L’open space al piano inferiore è stato arredato con scrivanie e con una grande libreria sulla muratura di fondo.
Successivamente questo spazio aperto diventerà la zona giorno con salotto e tavolo da pranzo.
La cucina e il bagno sono stati posizionati sotto ai soppalchi ora adibiti a studio e sala riunione.
Questi ambienti diventeranno la camera da letto principale e lo studio dell’abitazione.
Attualmente lo studio di architettura e design Surman Weston fondato da Tom Surman e Percy Weston condivide lo spazio con altri professionisti che si occupano di grafica e comunicazione.
Chiesa vittoriana trasformata in spazio co-working
Harry Nuriev, fondatore dello studio Crosby Studios con sedi a New York e a Mosca, è un architetto artista.
Nuriev ha uno stile eclettico molto personale che nasce da una visione globale del progetto.
L’architetto infatti non si limita a ridefinire gli spazi ma disegna ad hoc per lo specifico progetto gran parte degli arredi e degli oggetti d’arte.
Grazie ad un continuo gioco di richiami, Nuriev sposa in modo originale ed elegante tanti ingredienti diversi che convivono sempre armoniosamente senza creare contrasti.
L’interno che mostriamo nelle immagini ne è un esempio.
La palette di colori molto variegata si accompagna all’utilizzo sofisticato di tanti materiali differenti come i metalli dorati e laccati, il marmo e il velluto.
Ma non solo: il design contemporaneo dalle linee pulite sta accanto alle forme più avvolgenti degli arredi di sapore retrò.
Nel living la zona dedicata alla cucina è arredata con un’armadiatura integrata nella muratura e un bancone a isola con piano di lavoro in marmo.
Le linee fredde e minimaliste di questi elementi vengono però riscaldate dalla doratura del fronte del bancone, della cappa, delle lampade e delle strutture delle sedute.
Un altro richiamo che lega il tutto è la forma cilindrica che ricorre nella cappa, nella struttura degli sgabelli e nel basamento del tavolo.
Il metallo dorato che si ritrova anche negli altri ambienti della casa è abbinato a una palette di colori che va dai toni tenui del rosa e dell’azzurro a colori più profondi come il blu, il viola e il verde petrolio.
Nell’architettura dell’ingresso troviamo un grande arco che diventa lo spunto per un altro tema ricorrente.
Questo segno caratterizza il design delle sculture dorate a torre e ritorna nella traversa della lunga panca sovrastata dall’arco.
La muratura dietro la panca che è stata rivestita di specchio moltiplica visivamente la seduta e rende più ampio lo spazio.
Il motivo dell’arco ritorna anche nel tavolino laccato bianco del salotto.
Nei bagni ritorna nuovamente l’eclettismo di Nuriev che decide di disegnarli uno diverso dall’altro:
uno è caratterizzato da linee nette impreziosite dal rivestimento in marmo venato.
L’altro invece è un bellissimo ambiente dal sapore retrò:
nella decorazione tutta in rosa tenue gli spigoli sono marcati da profili neri che richiamano da struttura della lampada a sospensione.
colori, forme e materiali diversi
Lo studio di design di New York Coil + Drift ha presentato la nuova collezione 2018 con un progetto interdisciplinare che mette insieme arredamento, luce e danza.
Dall’installazione live performance Unconscious Forms sono stati tratti un lookbook e un cortometraggio diretto dal regista fotografo Charlie Schuck.
Unconscious Forms Trailor from John Sorensen-Jolink on Vimeo.
Il fondatore di Coil + Drift John Sorensen-Jolink, che prima di dedicarsi al design è stato un danzatore, nei suoi progetti porta la sua esperienza precedente.
Sì, perché se ci pensate bene la danza, l’arredamento e l’architettura di interni hanno molto in comune.
La danza infatti è anche lei un modo per “abitare lo spazio”.
La coreografia infatti non può esistere senza tenere conto dello spazio: i danzatori si muovono in esso tracciando dei percorsi.
Il loro corpo crea con i differenti passi, salti e posizioni della danza delle linee geometriche che percorrono lo spazio in tutte le sue dimensioni.
Il coreografo determina i movimenti, stabilisce le direzioni e, se ci sono oggetti in scena, decide come i danzatori dovranno interagire con essi.
Anche l’interior designer traccia le linee, studia i percorsi e posiziona i volumi.
Ogni spazio, che sia domestico o pubblico, ha i suoi percorsi che dovranno essere rispettati in modo che le persone possano abitarlo comodamente.
Intorno ai percorsi che dovranno essere lasciati liberi saranno posizionati gli arredi in modo che siano fruibili secondo le regole dell’ergonomia.
Come in una scenografia teatrale, gli arredi con le loro dimensioni e i loro volumi, le luci, i colori e materiali cambiano la percezione e l’atmosfera dello spazio.
La coreografia, come ogni arte, trasmette delle emozioni e comunica dei messaggi.
Lo stile, la decorazione, l’arredamento e l’illuminazione di un interno influenzano lo stato emotivo delle persone e raccontano la storia di chi abita lo spazio.
Insieme ai danzatori, nella performance Unconscious Forms sono protagonisti tre pezzi della nuova collezione.
La lampada Cirrus Double Pendant, una sospensione che assomiglia a un gioiello: le due lampadine sferiche appese a un elemento a forma di U rovesciata sono inserite in anelli di resina.
Lo specchio June Floor di gusto anni ’70 dove le ondulazioni della cornice in legno di noce confluiscono nell’arco superiore.
La credenza Rex caratterizzata da linea pulite e dalle ante che giocano con le venature del legno.